Incontro con l'autrice Carla Maria Russo. 🕮"La figlia più amata. Storia delle sorelle Medici": un viaggio appassionante per i giovani lettori del "John Dewey", tra emozioni, tormenti e storiografia
“Un romanzo che non
è memorialistica, non è cronaca, non è un saggio, ma un genere che pretende di
essere universale, di parlare all’uomo di sempre, di essere - come diceva Croce
- contemporaneo.”
Da un Podcast su Speaker di Carla Maria Russo (fonte https://www.spreaker.com/user/il-posto-delle-parole/carla-maria-russo).
🕮Leggere un libro è vivere altre vite, è assaporare altre storie, è guardarci dentro ricercandoci e ritrovandoci nelle vicende dei personaggi che conosciamo facendo scorrere il nostro indice sul foglio, tra parole incise su carta che ci attraversano dentro, emozionandoci e permettendoci di assumere altri punti di vista, allargando i nostri orizzonti a saperi piu ampi, in una perenne ricerca di noi stessi e in un costante riconoscimento solidale con l’altro. Così l’atto di leggere diventa magia, in un trasporto emotivo ed intellettuale nel tempo e nello spazio che avviene con la semplice forza delle parole, pezzi di quadri letterari che, unendosi, danno vita ad una storia. Con questi presupposti, si è organizzato ed aperto l’incontro con la Dott.ssa Carla Maria Russo, scrittrice di origine molisana e autrice del libro “La figlia più amata”, un romanzo che ha coinvolto e catturato l’attenzione dei giovani lettori del Dewey che, guidati dalle docenti di Italiano, hanno letto il libro e affrontato profondi temi e vicende che hanno caratterizzato la storia della famiglia dei Medici, conducendo riflessioni anche sulla contemporaneità che emerge da sentimenti ed emozioni che in queste pagine diventano universali. Ed è proprio da questo contatto con l’universalità e la comprensione dei sentimenti che l’appassionante romanzo è entrato nei cuori e nelle menti degli alunni, che hanno mostrato interesse e curiosità nell’affrontare tematiche che tanto si ritrovano nell’attualità. In questo raccordo tra passato e presente e nell’unione di temi e motivi incentrati sulle azioni e le passioni di diversi personaggi, emerge la figura di Isabella, che nella sua forza e abilità rivela la sua dicotomia esistenziale, a metà tra una vita ricca di privilegi ed una sofferenza interiore che la obbliga di fatto ad una libertà solo apparente, in una gabbia dorata in cui non sembra esserci via d’uscita, né facoltà di scelta. Un destino drammatico quello di Isabella e, non meno, quello delle sue tre sorelle, in un intreccio di vite e vicissitudini familiari rivelate con maestria e sensibilità nelle pagine potenti di un libro che mostra tutte le sfaccettature dell’animo umano, nonché l’inarrestabilità di un destino crudele, cui ciascuno farà fronte a suo modo in una cornice di verità storica onnipresente. Una verità che offre gli strumenti per un’analisi della stessa società che ci circonda, perché parlare della figura femminile, delle condizioni storiche, di rapporti familiari, di verità sentimentale e onestà intellettuale, soprattutto in riferimento all’attualità, è doveroso e necessario perché si possa giungere ad una riflessione condivisa e condivisibile che consenta positivi cambiamenti.
Ma andiamo a scoprire da vicino le domande dei nostri giovani lettori e le preziose risposte e riflessioni dell’autrice che, con semplicità e grande maestria, ha dato ai ragazzi gli strumenti e le giuste precisazioni per una comprensione viva, attiva e totale dell’intero romanzo, appassionandoli alla verità storica e all’analisi introspettiva di sentimenti e passioni che l’uomo muove tramite le sue azioni, universali e appartenenti a tutte le epoche. Un viaggio nelle emozioni e nella verità, dunque, in un romanzo che appare senza tempo e, simultaneamente, di tutti i tempi.
"Perché nel suo libro ha deciso di concentrarsi
sulla figura di Isabella? Si identifica con questo personaggio femminile?"
“Il mondo femminile è molto forte, molto
presente. Si tratta di donne che hanno sempre avuto una vita degna di nota, che
hanno lottato per la loro indipendenza, ma con un destino difficile, perché –
possiamo affermarlo - la donna che lotta non piace. La storia di Isabella è, da
questo punto di vista, molto avvincente. Lei è molto vicina a questo modo di sentire,
era una donna che influenzava molto il popolo e aveva delle idee completamente
innovative. Basti pensare che ha rappresentato una delle figure più autorevoli
del Rinascimento italiano e del mondo culturale del suo tempo. Mi capita di
identificarmi in questo personaggio, ma solo nel senso che le ammiro molto,
perché è vicina al mio modo di sentire. È una donna che ha anche avuto il
coraggio di lottare in una situazione difficile nella quale, se mi fossi
trovata io al suo posto, non so cosa avrei fatto. Mi piace così tanto l’atteggiamento
di donne come Isabella verso la vita e non oso neanche dire mi ci identifico,
perché è stata più brava di me.”
"È vero che Isabella, oltre ad aver incoraggiato
la carriera professionale di tante donne, le ha anche difese dai mariti
violenti?"
"Isabella è stata
sicuramente una donna innovatrice. È stata, per esempio, una grandissima
sportiva, abilissima. Nelle corti era famosa per essere veramente brava a
cavallo, tanto che partecipava alle battute di caccia, e si parlava molto di
lei, di questa ragazza che partecipava alle battute di caccia ed era più brava
degli uomini. Isabella è una personalità complessa, che ha lati positivi e lati
negativi. I lati positivi riguardano il suo vivere in una situazione di
privilegio, di cui ha sicuramente beneficiato e approfittato (sappiamo,
infatti, che è stata molto viziata). Come donna, però, direi che non ha avuto
un ruolo ben definito e decisivo nelle vicende personali e familiari. C’è un
passo nelle sue memorie che riporta questa verità, dove emerge la
consapevolezza di un mondo che chiede alle donne di essere silenziose,
sottomesse, ubbidienti, di fare quello che viene loro ordinato da padri,
fratelli, mariti. Lei, nell’ottica dell’azione di difesa delle donne, capisce
che è diversa perché si rende conto che questa situazione di privilegio non c’è
affatto, anzi, lei si trova in una gabbia. Tutta questa libertà e questi privilegi
che pensava di avere erano un falso. È stata ingannata e ha creduto di essere
una donna libera, che fa eccezione alle regole di quella vita. In realtà no,
non fa nessuna eccezione e solo dopo molto tempo ne diventa consapevole, nel
momento in cui uscire da questa situazione diventerà il suo dramma che è, poi, l’origine
della sua tragedia".
"Isabella dice, nel
XV capitolo del libro, di voler essere libera. Qual è il suo progetto di vita?"
"Lei si percepisce
libera perché riesce ad avere un privilegio che nessuno aveva. Isabella,
infatti, aveva questo padre che l’amava al punto da trasformare questo amore in
ossessione. È stato, però, un amore che ha creato il danno in questa ragazza,
non il bene. Il marito e la scelta del marito devono rispondere ai canoni che il
padre vuole. Generalmente un padre cerca il marito più vantaggioso per la
famiglia, politicamente potente, nonché ricco, perché utile per accrescere il patrimonio.
Per Isabella sceglie invece un marito che sia ricattabile, sceglie un Orsini,
un gran nome, sì, ma decaduto sul piano della ricchezza, della potenza. Questo
marito è uno sciagurato, vive al di sopra delle sue possibilità ed è pienamente
ricattabile. I termini di questo ricatto contemplano il pagamento dei debiti da
parte di Cosimo I e la permanenza di Isabella a Firenze con lui. Questo è
contro ogni regola di natura, è assurdo proprio perché è insultante per un
marito non vivere con la moglie, non avere una moglie con se. Un marito non può accettare che una moglie viva a casa del padre; è un insulto per un Orsini e
per chiunque. Ma un ricatto è un ricatto e, nonostante qualche protesta, Paolo
Orsini non può sottrarvisi (vista la sua situazione economica). Allo stesso
modo, Isabella non si rende conto della situazione pericolosa in cui è immersa,
in quanto è amata molto a Firenze, è la vera duchessa, è ammirata, la sua
personalità domina e ha una vita apparentemente soddisfacente. Si renderà conto
di questo terreno pericoloso solo quando arriverà l’amore. L’amore diventa uno
tsunami che ribalterà ogni cosa, un colpo che le farà capire all’improvviso la
realtà nella quale realmente si trova, con un marito che non ama e su cui non può
contare perché è sempre travolto dai debiti (al punto che devono finanziarlo
economicamente e persino il Papa gli deve prestare dei soldi per evitargli la
vergogna). Allora ad Isabella rimarranno 2 scelte: abbandonare la propria
famiglia scegliendo l’amore e la fuga, oppure fingere. Quanto alla prima scelta,
possiamo ben capire quanto potesse essere difficile lasciare la propria
famiglia. Pensiamo al presente, alle tante donne che oggi vogliono uscire da
una situazione difficile in cui c’è un marito violento o non c’è più amore, ma
che vi rinunciano perché si dicono che per loro è tardi, perché hanno figli,
perché dipendono economicamente dal marito stesso, perché sentono che per loro
non c’è più via d’uscita. Condizione comune a questa, tragicamente attuale, è
quella che vive Isabella che, sì, è privilegiata, è viziata, ma non ha una lira
e viene sostentata in tutto dalle finanze dei genitori. Niente di tutto ciò che
la circonda è suo. Può usufruire di tutti i possedimenti, ma non le
appartengono. Lei è ospite in casa sua, perché sa bene che quando arriverà suo
fratello, che la detesta e la vuole vedere morta, potrebbe cacciarla via e
dirle di andare a vivere con suo marito. E dove se ne andrebbe Isabella, con un
marito che non ha nulla e non sa neppure come far fronte ai debiti? Questa scelta la sente come difficilissima.
Allora qual è l’alternativa? L’alternativa è recitare, fingere di essere una
buona moglie e accettare una vita di compromessi e di vergogna. Le letterine
che scriveva al marito dove diceva che tutto andava bene fanno parte di questa
sua grande recita. Lei si rende conto che non potrà stare con l’uomo che ama e
mette in scena tutta la finzione. E poi, cosa potrebbe fare? Con questo fratello
e l’odio dettato dalla gelosia nei confronti del padre, che ha protetto lei e
non il figlio maschio. Questo è un fatto gravissimo. Francesco, infatti, non
perdonerà mai suo padre, tantomeno sua sorella. Lui era il primogenito e non
poteva comprendere la predilezione del padre verso una femmina. Inoltre,
Isabella rappresentava anche un pericolo politico e Francesco questo lo sapeva
bene. Cosimo I era molto amato, era un grande condottiero, ma nutriva un amore
ossessivo per sua figlia, che mostrava tutto l’egoismo e il bene pensato per se
piuttosto che per la persona amata. L’amore
di Cosimo era malato e l’amore diventa malato quando non ci si preoccupa piu
del bene dell’altra persona, ma si pensa unicamente al proprio bene, che non
coincide con quello dell’altro. Cosimo fa proprio questo: non si preoccupa dei
far star bene Isabella ma - egoisticamente e cinicamente - pensa unicamente a
se stesso, facendo di fatto il male della figlia. Sappiamo che aveva perso una
figlia, Bia, e questo ha sicuramente inciso nel suo sentimento di amore malato
che ha poi riversato su Isabella. Non si è mai ripreso e non voleva più vivere
quel dolore che lo stava portando alla morte. Possiamo, quindi, provare
compassione per l’uomo Cosimo, ma come padre fa una scelta disastrosa nei
confronti di Isabella, forgiando su di lei un amore estremamente possessivo e
dannoso."
"Isabella è stata
una figura di spicco nella Firenze medicea. Che ruolo avrebbe avuto oggi nella
nostra società?"
"Se nella società
attuale avesse avuto aiuti e protezioni sarebbe riuscita a spiccare, ma penso
che lo avrebbe fatto anche senza privilegi, omessi altresì tutti i rischi della
sua condizione. Protezioni, privilegi e aiuti sono, infatti, un’arma a doppio
taglio, perché possono creare problemi a chi ne beneficia. Isabella è una
ragazza che ha molto talento e, in un certo senso, l’affetto e l’amore di suo
padre sono stati influenzati anche dai suoi talenti, che emergevano su tutti gli altri 10 figli
che Cosimo e Eleonora hanno generato. Isabella riesce in tutto, e lo dicono i
documenti. Le lettere degli ambasciatori lo dicono, lo riportano.
L’ambasciatore di Ferrara nelle sue lettere scrive verità nascoste, dove
vengono fuori le contraddizioni che si diramano in storie ufficiali della vita
di corte e racconti e supposizioni di chi la corte la viveva e vedeva dall’interno. Si
evince, inoltre, l’ammirazione degli ambasciatori verso questa figura
femminile, eclettica, sportiva, nonché regina del mondo culturale fiorentino. Proprio
per queste ragioni penso che sarebbe stata una donna di successo anche nella
società attuale. In quale ambito non te lo so dire. Ma mi piace immaginare che
avrebbe sfruttato le sue abilità sportive diventando una grande personalità di
questo campo, oppure l’avrei vista molto come PR, specializzata in pubbliche
relazioni, in quanto era abilissima nella gestione del pubblico, nel creare
contatti, comunicazioni e nelle conversazioni."
"Isabella diventò la
figlia preferita di Cosimo I dopo la morte di Bia. Ma quali sono le vere
ragioni per cui Isabella era la più amata fra tutti i figli di Cosimo I ed
Eleonora?"
"Isabella, come abbiamo detto, diventa lo specchio di quell’amore che Cosimo aveva precedentemente nutrito per Bia, morta in pochi giorni. A sottolineare ciò interviene il fatto che non ci sono notizie su chi abbia generato Bia. Nei documenti non c’è scritto perché Cosimo ha, di proposito, cancellato e fatto sparire il nome della madre di Bia, in quanto la voleva completamente per sé. Ecco perché era possessivo. Cosimo, contrariamente all’epoca, preferiva le figlie femmine e la ragione di ciò è da ricercare nella figura del padre, grande condottiero morto a 28 anni, quando lui aveva solo 7/8 anni. Infatti, Cosimo non ha mai visto suo padre, figura completamente assente nella sua vita e pessimo marito. Gli ambasciatori scrivevano che la mamma di Cosimo era addirittura la donna più tradita d’Italia. Per questo era molto unito alla mamma, donna equilibrata, che stimava molto come donna. È grazie alla figura materna che Cosimo ha capito quanto le donne fossero capaci, quanto fossero brave. Lui capisce questo e Bia era la luce dei suoi occhi. Questo ritratto, che rappresenta la copertina del libro, coglie profondamente questo amore. Lo ha realizzato Bronzino, pittore cui è stato commissionato il quadro poche settimane dopo la morte di Bia da parte di Cosimo, che non riusciva ad accettare che sua figlia fosse immobile, fredda e posta sotto la terra. Non riusciva ad accettare la sua morte e voleva averla in qualche modo ancora accanto a sé. Quando, con una fatica immensa, si è ripreso ed ha cercato di ricominciare, perché aveva l’importante compito di guidare lo Stato, la moglie gli comunica di aspettare un bambino. Allora si convince che quella bambina è Bia che sta tornando da suo padre dopo un momento di dolore. Quando nasce Isabella si convince ancora di più di questo perché vuole continuare a vivere. Per questo preciso motivo, Isabella diventa la preferita dalla nascita ed è questo quello che lo porta ad avere subito una grande predilezione per lei. Inoltre, la ragazza si rivelerà molto bella e ricca di talenti, rendendosi ancora più amata, ma l’origine dell’amore potente nei suoi confronti trova il suo significato in queste motivazioni. Questa trasposizione è interessante, perché è come se rivedesse Bia tornare nella famiglia. Ecco perché non la vuole più perdere e dice che deve stare con lui finché vive. È come uno scudo con il quale si difende dalla sua sofferenza. Nonostante ciò, Cosimo non avrebbe mai tolto il trono al suo primogenito, non poteva essere lui a farlo. Sarebbe stato possibile dare il trono ad Isabella solo se il popolo di Firenze avesse attuato un colpo di Stato, una ribellione, una rivolta, mettendo sul trono Isabella. Ma non poteva essere Cosimo a farlo, non poteva permettersi. La legge dello Stato era basata sul potere ereditario che il genitore trasmetteva al figlio primogenito, e lui non poteva non rispettare una legge di Stato. Inoltre, Cosimo era salito al potere perché i precedenti re e duca si sono ammazzati l’un l'altro e, non essendoci più un erede, è stato posto sul trono a gran voce dal popolo fiorentino. Cosimo si ritrova, così, a 18 anni alla guida di uno Stato e dimostra anche di avere stoffa e coraggio, di valere. Infatti, quando viene messo sul trono non trova il consenso dei nobili di Firenze, che gli muovono guerra, appoggiati dai francesi. Tuttavia, Cosimo riesce anche in questa ardua impresa e questo spiega quanto fosse bravo e abile. Per concludere questo discorso, è bene sottolineare che la regola era che le donne dovevano sposarsi o andare in convento, mentre gli uomini erano eredi al trono se primogeniti, altrimenti diventavano cardinali o arcivescovi (cariche apparenti, che erano più che altro coperture, perché in realtà conducevano la vita che volevano)."
"Vorremmo sapere quello
che pensa di un’altra importante figura femminile, cioè quella di Lucrezia. Io
mi sono immedesimato molto in lei, soprattutto nei momenti in cui veniva
esclusa e avrei piacere ad approfondire la sua riflessione su questo
personaggio."
"Ti ringrazio della
domanda, perché ci permette di parlare delle sorelle di Isabella. Questo padre
ha creato, come solito per l’epoca, una famiglia numerosissima che, però, non è
affiatata; c’è una folle divisione tra maschi e femmine che si parlano tra loro
solo per farsi dispetti. Isabella è la più brava e Francesco si sente umiliato.
Ma non c’è solidarietà neppure tra le sorelle: Isabella comanda e si diverte a
fargli molti dispetti. L’unico legame familiare e la sola alleanza è quella che
nasce tra Isabella e Giovanni, loro due contro tutti. Con gli altri, invece, ci
sono solo dispetti e rancori che peggiorano con il tempo. Le due sorelle, cosi
, si difendono dalla solitudine in questo modo: Maria si fidanza a sei anni con
il Duca di Ferrara e si rifugia nel suo sogno di diventare una duchessa
perfetta, sempre elegante, che conosce le buone maniere, perché immagina che un
giorno i suoi fratelli avrebbero dovuto inginocchiarsi a lei. Lucrezia, invece,
è quella che soffre di più. Dobbiamo ricordare che i suoi due genitori erano
belli; Eleonora era una bellissima giovane donna, aveva generato figli belli, tutti
tranne Lucrezia. Lei, infatti, ha una salute fragile, un fisico spento,
pallido, sofferente, che la fa apparire brutta. Suo padre la giudica, sua madre
gli dice palesemente che è brutta, malaticcia, che non la ama. Lucrezia si
difende convincendosi che lei non merita quell’amore. Allora chiede consiglio a
Maria che le dice che se non si fidanza finirà in convento. In seguito, sarà
Maria che, con astuzia, le darà un briciolo di speranza, in quanto la pone di
fronte ad una scelta, ovvero quella di essere unicamente sua amica; questo le
avrebbe dato il privilegio di diventare sua damigella nel momento in cui lei avrebbe
ottenuto il titolo di duchessa. Questa è l’unica alternativa cui Lucrezia si
affida. Lei è molto fragile, molto insicura, non sa prendere decisioni e rimane
schiacciata da questa situazione. Il padre prende la decisione disastrosa di
inserirla in una famiglia, quella degli Este, che è molto pesante, molto
difficile, piena di sé. Da questa scelta Lucrezia viene stritolata e fa una
fine drammatica senza aver modo di difendersi per la sua fragile natura, perché
non è capace di gestire la situazione. Viene presa a fare la moglie al posto di
Maria e gli Este la considereranno un peso. Non si affezioneranno mai a lei."
"Cosa l’ha spinta a scrivere libri? Quali sono le procedure per fare ricerche storiche? Come si fa a fare una selezione di informazioni? Come organizza il suo lavoro di ricerca delle fonti storiche?"
"Io leggo prima la
storiografia, cioè l’insieme di saggi che gli storici hanno scritto su quel
determinato argomento. Leggo vari saggi anche per capire cosa dice l’uno e
l'altro storico, per farmi un’idea diversa. Recentemente è uscito un libro di Elisabetta
Mori su Isabella, dove lei sostiene che non sia morta nel modo che ho descritto
io nel mio libro. La Dott.ssa Mori sostiene, infatti, che la morte in
questione sia avvenuta per malattia. Questa cosa mi ha posta sull’attenti e ho
voluto verificare chi avesse ragione. Gli storici raccontano ciò che vogliono
raccontare, prendono quelle che si chiamano fonti primarie (cioè
documenti antichi dell’epoca), le studiano e decidono cosa raccontare e cosa
no. Se voglio capire davvero, io vado a prendere quelle fonti per capire cosa
non ha detto lo storico, anche perché lo storico narra fatti brevi e meramente
storici, perché a lui emozioni e sentimenti non interessano e, quindi, opta per una selezione di
informazioni che omettono questi aspetti. Tutta ciò che è la storia privata
familiare non è di loro interesse. A me, invece, interessa l’essere umano e
voglio capire io cosa, come e quanto gli storici non hanno riportato. Non è un
lavoro facile. Un altro dilemma è quello di decidere cosa sia vero e cosa sia falso.
Vi faccio un esempio. Quando ho scritto un altro libro, mi sono ritrovata
davanti a due documenti: quelli del Papa che dipingevano il personaggio di Costanza come una
prostituta, una donnaccia, un essere abominevole; mentre un’altra parte di
documenti diceva che era una grandissima donna e che aveva sofferto molto. A
quel punto devi decidere quale delle due versioni ti convince di più. Ho,
infine, deciso per l’altra versione perché Dante, intellettuale di cui mi fido,
l’ha posta nel Paradiso. Per Isabella ho fatto affidamento sui documenti degli
ambasciatori e mi hanno aiutato molto, perché gli ambasciatori sono quelli che
ti raccontano le cose più segrete. Non è possibile, dunque, che Isabella sia
morta per malattia. C‘era il fatto che questa donna era un pericolo e aveva
anche due eredi maschi che Francesco non aveva, lo dice la vicenda. Isabella,
inoltre, era una madre che è stata scoperta nel tradimento e il marito avrebbe
fatto il possibile per vendicarsi, soprattutto dopo la scoperta di una non paternità. Orsini sarebbe andato su tutte le furie e dobbiamo ricordarci che la
vendetta è la prima cosa per guadagnare onore. Francesco, invece, ce l’ha a
morte con lei per paura che venga posta al potere. Ci sono tutti gli elementi
per dire che lei andava assassinata. Assassinano lei e la sua cuginetta
Leonora. Inoltre, i Medici usano Paolo Giordano Orsini come strumento e, di
fatto, gli lasciano pieno potere sull’uccisione per vendetta della moglie".
"Cosa le ha suscitato
questo libro?"
"I libri suscitano
sempre grandi emozioni e grandi tormenti in chi li scrive. A volte devi
scrivere scene molto intense, anche difficili. Scrivere dell’assassinio di Isabella
non è stato facile. L’intero processo, comunque, ti dà emozioni grandissime, perché
vedi il libro prendere forma pian piano, capisci che funziona, ti piace, ma ci
sono momenti in cui sei messa di fronte a scene difficili. La stessa cosa per
costruirlo: hai in mente dei punti attraverso i quali passare, ma quei punti
devono diventare scene, emozioni, sentimenti, passioni, dinamiche e analisi psicologiche.
È quindi bello fare questo tipo di lavoro, ma ti tormenti sempre perché ti
chiedi costantemente “Sarò capace? Verrà bene?”. È come se fosse un’altalena in
cui ci sono momenti di grandi emozioni che ti portano su e grandi tormenti e
insicurezze che ti danno solo incertezze. Ci sono, quindi, grandi emozioni e grandi
tormenti. Quando ho dovuto scrivere della morte di Lucrezia non è stato facile.
Soffri con il tuo personaggio. Come in
un salto in alto, c’è emozione, tormento e, infine, la gioia di esserci
riuscita. Ne “Il tormento e l’estasi”, un libro di Irving Stone che parla di Michelangelo,
vengono ben descritte tutte le condizioni che accompagnano l’intero atto
creativo, che viaggiano da insicurezza e insoddisfazione a verità e
compiacimento per quanto realizzato. Questo però non sempre avviene. A me, ad
esempio, capita di scrivere 40/50 pagine e di cancellare tutto perché non mi
piace e non sono soddisfatta."
"Ha mai visitato i
luoghi che popolano il suo romanzo?"
"Sì, certo. Ho visitato
tutti i luoghi del mio romanzo. Ho avuto il piacere di vedere molto bene Palazzo
Pitti, Boboli, la casa Medicea di Firenze. Io amo molto Firenze. A scrivere
dei Medici mi hanno spinto due cose in particolare: la storia di questi
personaggi, che mi ha profondamente colpito, e il mio amore per Firenze. Non è
il mio primo libro su Firenze e non sarà l’ultimo. Io ho scritto anche un altro
libro sulla Firenze del ‘200, ambientato nel tempo in cui i fiorentini erano
dilaniati dalla guerra civile e si combattevano l’un l'altro, quando vi erano
le famiglie ghibelline e le famiglie guelfe che si ammazzavano l’un l'altra. Una
Firenze sicuramente orribile, dilaniata da queste vicende. Ci sono tornata,
poi, con questa storia e probabilmente ci tornerò ancora. Perché Firenze è - come
dico sempre - la mia patria ed emozione più importante. Io sono nata in Molise,
a Campobasso, e ci sono stata 15 giorni della mia vita; poi ho girato un po’
per via del lavoro di mio padre (che era agente di pubblica sicurezza e veniva spesso
trasferito). A 12 anni ci siamo fermati definitivamente a Milano. Quindi io ho
una patria di adozione che è Milano, e una patria di adozione culturale che è Firenze. Mi sono appassionata molto, soprattutto nel mio
periodo da liceale, a queste storie che leggevo sulla Firenze dell’epoca ed è
una città che, sin da subito, ho amato moltissimo".
"Aveva il sogno di
fare la scrittrice da piccola?"
"No. Io non volevo
fare la scrittrice, io volevo fare la lettrice. Mi sono innamorata dei libri a
6 anni e mezzo e sapete perché me ne sono innamorata? Per via di un’insegnante-
continuo a dire che gli insegnanti possono cambiarti la vita! Quando avevo sei
anni, in prima elementare, l’insegnante ha scelto di leggerci -l’ultimo quarto
d’ora della lezione - il libro Cuore di Edmondo De Amicis. Il libro Cuore
mi ha straziato, mi ha commosso, mi ha fatto emozionare. Aspettavo impaziente
quel quarto d’ora e non sia mai che qualcuno facesse qualche azione che avrebbe
fatto saltare quell’evento (come, ad esempio, far arrabbiare la maestra). Da
quel momento io sono stata una lettrice infaticabile, ho letto tutti i libri
che potevo, migliaia di libri. Quindi io non pensavo mai di diventare scrittrice,
volevo essere una lettrice. Poi si sono verificati eventi che mi hanno fatto
diventare scrittrice, ho studiato testi antichi, ho scoperto che gli storici ci
dicono ciò che vogliono e ci tagliano tante storie bellissime che meritano di
essere raccontate e riportate. Per cui ho deciso di riportare e raccontare queste
storie sotto forma di romanzo. Date le migliaia di romanzi letti, so benissimo
come scriverli, l’ho scoperto e so di saperlo e di conoscere le regole precise per
la corretta scrittura. Non ho mai fatto una scuola di scrittura,
ma ho letto migliaia di romanzi e continuo ad esserne lettrice."
"Come mai ha scelto
di raccontare la storia della famiglia dei Medici e perché si è concentrata proprio
su un personaggio femminile?"
"Perché mi
appassiona e sono interessata alle vicende che hanno caratterizzato la loro
famiglia. I Medici non li avevo mai affrontati. Quanto al personaggio femminile,
devo dire che il destino di queste sorelle mi ha commosso in modo
impressionante, in particolare per la loro fine così drammatica. Una storia che
mi ha appassionato perché è agli estremi: da una parte queste ragazze sembra possano
avere tutto, dall’altra sono inevitabilmente legate e confinate nel loro
destino estremamente tragico. E poi perché spesso, ma non sempre, le storie che
hanno come protagoniste donne forti, determinate e coraggiose che hanno cercato
di farsi rispettare, di imporsi, di ribellarsi e di non essere schiacciate,
sono storie che insegnano, belle e interessanti da raccontare e divulgare."
Soddisfatta e felice
di aver esaurito ogni curiosità degli studenti, la Dottoressa Russo ha
ringraziato tutti i partecipanti, affermando tutta la sua stima per ragazzi e
docenti, in quanto non si era mai trovata a parlare del suo romanzo di fronte
ad un pubblico di lettori così giovani. Infatti, come sottolineato anche dalla
Prof.ssa Spiaggia, i ragazzi hanno mostrato grande maturità nel corso
della lettura del testo in classe, dove forte e trasversale è stato l’intreccio
con l’Educazione civica, in quanto sono emersi numerosi significati di senso
valoriale, debitamente approfonditi e discussi nel corso delle lezioni.
Quest’incontro ha, così, rappresentato un’opportunità di crescita, nonché una
grande opportunità di sensibilizzazione su tematiche attuali, su cui è doveroso
soffermarsi e riflettere insieme ai giovani, che costituiranno la società del
domani. Infine, l’autrice ha ringraziato la Dirigente e tutti i Professori. I ragazzi, con grande entusiasmo, hanno
espresso le loro opinioni, nonché apprezzato profondamente il libro e la grande
passione con cui l’autrice ha affrontato gli argomenti, con un linguaggio
quotidiano che li ha catturati, in un rapporto empatico che gli ha permesso di
mettersi nei panni dei personaggi con la mediazione magistrale della stessa.
Un grazie dall’I.C. “John Dewey” alla Dott.ssa Russo, perché pilastro
dell’intero evento, e un grazie ai nostri giovani lettori e ai loro insegnanti,
che li hanno guidati in questo percorso di arricchimento culturale e
intellettuale.
Commenti
Posta un commento